Il bulletto che aggredisce il prof.

Leggo a commento dell'articolo che ha visto protagonista un ragazzo prepotente e irrispettoso nei confronti del suo insegnante, che secondo alcuni il professore avrebbe dovuto schiaffeggiare l'alunno per "metterlo al suo posto". Una "boutade" dei nostalgici delle bacchettate sulle mani, delle punizioni corporali, dell'insegnamento autoritario e violento.
Non conosco il caso specifico e personalmente non mi interessa analizzare il filmato, studiare l'ambito familiare dell'alunno, fare dietrologia, assolvere da ogni colpa tutti, tranne il ragazzo.
A mio modesto avviso, alla violenza (anche solo verbale) non si risponde con altra violenza (certamente non con più violenza di quanta se ne sia ricevuta). Semmai bisogna nell'immediatezza utilizzare la forza e la contenzione (che è tutt'altra cosa).
La violenza è come un virus dentro ognuno di noi che si alimenta di odio, pregiudizio, irresponsabilità e per questo va affamata, ridotta "al lumicino" con l'amore, il rispetto, la responsabilità. Odio la violenza ma non per questo voglio la "morte" di chi la pratica
(abbiamo abolito la pena di morte perché illogica e controproducente); odio la violenza e credo che per arginarla gli insegnanti debbano puntare sulla autorevolezza. Qualcuno di voi ha memoria delle volte in cui quando era a scuola sulla sua pelle o a scapito di un suo compagno è stato testimone di violenze (anche solo psicologiche) da parte di un suo insegnante? E custodite nella vostra mente quei momenti come modelli di insegnamento virtuosi?
Io sono assalito dai dubbi quando sgrido troppo energicamente un allievo e uso la forza (a volte eccedendo) solo quando la situazione rischia di sfuggire di mano.
Credo che i ragazzi di oggi siano la gioventù migliore di sempre e spero che traggano dai miei insegnamenti spunti (anche critici) per crescere rispettosi del prossimo e delle regole di buona convivenza.
Mi viene in mente quella massima del Maestro Kano:
"Uniti per progredire"

A presto,
Rocco

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